Fede

“La normalità della vita esige dal cristiano fedeltà alla sua elezione.” Questa sua elezione non deve mai “venderla per andare verso una uniformità mondana: questa è la tentazione del popolo e anche la nostra”. [...] Ecco dunque la priorità: “ricevere la parola di Dio per non allontanarsi dall’elezione”. (Papa Francesco)

Fedeltà parola magica che oggi sembra un termine fuori moda, quasi archeologico. La fedeltà si declina nel tempo, nella successione delle scelte, e in un epoca in cui i risultati a breve termine sembrano essere gli unici ad avere valore, la fedeltà non ha senso, è inutile. Eppure essa è la chiave che apre le porte ad una vita vissuta in pienezza. Il primo dicembre scorso un “angelo” mi ha consegnato il seguente messaggio:

“Non basta alcun buon principio senza la Perseveranza” (S. Angela Merici)

e come d’incanto ha aperto un scrigno segretamente nascosto nel mio cuore che mi ha mostrato l’inconsistenza della mia vita. Davanti agli occhi mi sono passare innumerevoli pagine del vangelo che mi hanno mostrato chi ero diventato: il servitore che per paura nasconde il talento, l’uomo ricco che dopo aver incontrato Gesù torna indietro perché non vuole separarsi dai propri beni, un uomo vinto dalla paura, dallo scoraggiamento. Questa consapevolezza ha però aperto i miei occhi, mi ha fatto alzare lo sguardo e riprendere il cammino. Non ho mai dimenticato quel giorno in cui L’ho incontrato, quel giorno in cui ho capito di essere profondamente amato, non ho mai dimenticato la Sua perseveranza nel cercarmi tutte le volte che sono scappato.

La nostra fedeltà nasce, si fonda sulla Fedeltà dell’amore di Dio per ciascuno di noi!

E’ la risposta d’amore che Gesù si aspetta dopo averci chiamato: “rimanete nel mio amore”, “seguimi”, tutte azioni che rimandano ad un tempo trascorso insieme, a una relazione che una volta iniziata chiede di continuare. Una relazione basata sull’amore ricevuto e donato, sulla fiducia in Lui. Questa è la fede! Un seme ricevuto il giorno del battesimo, coltivato dalla buona educazione, nutrito dall’ascolto della Parola, a volte dimenticato, che quando giunge la pienezza del tempo nella nostra vita si dischiude, irrompe come brezza leggera nel nostro cuore mostrandoci il volto di Gesù, il suo amore per noi. E’ quello l’attimo da cogliere, il momento del sì, il momento in cui, se lo accogliamo, il Verbo diviene carne nella nostra carne e ci trasforma dal di dentro, diviene luce, pace, gioia, storia nella nostra vita.

Essere fedeli alla nostra elezione, significa quindi essere fedeli all’amore di Gesù per noi, aprire ogni giorno le porte del cuore a Cristo per lasciarci trasfigurare da questo amore, significa fidarsi di Lui, affidarsi a Lui, non avere paura della menzogna che ci circonda, del male che ci attanaglia, Lui ha vinto la morte con l’amore!

“Tutto posso in colui me mi da forza” (Fil 4,13)

Nell’omelia di oggi durante la Messa celebrata nella Parrocchia del Sacro Cuore a Castro Pretorio Papa Francesco ha detto:

“Questa è la chiave del successo della vita. La fiducia nel Signore: affidiamoci al Signore. “Ma, Signore, guarda la mia vita: io sono nel buio, ho questa difficoltà, ho questo peccato …”, tutto quello che noi abbiamo: “Guarda questo: io mi affido a te!”. E questa è una scommessa che dobbiamo fare: affidarci a Lui e mai delude. Mai, eh? Mai! Sentite bene, voi ragazzi e ragazze, che incominciate la vita adesso: Gesù mai delude. Mai. Questa è la testimonianza di Giovanni: Gesù, il buono, il mite, che finirà come un agnello: ucciso. Senza gridare. Lui è venuto per salvarci, per togliere il peccato. Il mio, il tuo e quello del mondo: tutto, tutto. [...]

Il Signore Gesù, che è mite, è buono – è un agnello – che è venuto per togliere i peccati, ci accompagni nella strada della nostra vita. E così sia.”

Vocazione.

[...]
ogni vocazione, pur nella pluralità delle strade, richiede sempre un esodo da se stessi per centrare la propria esistenza su Cristo e sul suo Vangelo. Sia nella vita coniugale, sia nelle forme di consacrazione religiosa, sia nella vita sacerdotale, occorre superare i modi di pensare e di agire non conformi alla volontà di Dio. E’ un «esodo che ci porta a un cammino di adorazione del Signore di servizio a Lui nei fratelli e nelle sorelle» (Discorso all’Unione Internazionale delle Superiore Generali, 8 maggio 2013). Perciò siamo tutti chiamati ad adorare Cristo nei nostri cuori (cfr 1 Pt 3,15) per lasciarci raggiungere dall’impulso della grazia contenuto nel seme della Parola, che deve crescere in noi e trasformarsi in servizio concreto al prossimo. Non dobbiamo avere paura: Dio segue con passione e perizia l’opera uscita dalle sue mani, in ogni stagione della vita. Non ci abbandona mai! Ha a cuore la realizzazione del suo progetto su di noi e, tuttavia, intende conseguirlo con il nostro assenso e la nostra collaborazione.

Queste parole, scritte da Papa Francesco nel messaggio per la 51a giornata mondiale di preghiera per le vocazioni (trovate il testo integrale qui) mi hanno profondamente colpito. In poche righe Francesco ha espresso tutto il dinamismo e il senso della vita cristiana, e parlando di pluralità di strade accomuna tutti gli stati di vita cristiana nell’unica via dell’ascolto di Cristo che si fa servizio del prossimo. Un servizio differente a seconda dei ministeri e dei carismi ma sempre radicato nell’intima unione con Gesù, nella preghiera e nell’ascolto della Parola.
Quante volte nelle nostre giornate, indaffarati da mille cose da fare, distratti, siamo rinunciatari rispetto alla chiamata di Gesù? Che non è solo chiamata al sacerdozio o alla vita matrimoniale o a quella religiosa, è chiamata all’amore in ogni istante della giornata, in ogni circostanza, in ogni momento. Siamo portatori di qualcosa di grande! L’amore che Dio nutre per noi non è un concetto filosofico e neanche un assioma religioso è la storia vissuta da milioni di credenti, tramandata di generazione in generazione, è energia che cambia il mondo, lo trasforma, se solo ci facciamo strumento nelle sue mani. E noi oggi siamo parte di questa Storia e tutti noi oggi con l’esempio della vita, con l’adorazione vera di Cristo nei nostri cuori, siamo chiamati alla costruzione del regno. Vocazione non è quindi qualcosa che riguarda gli altri, o qualcosa che riguarda le scelte fatte una volta nella vita, vocazione è uno stile di vita, che per noi cristiani è ascolto vero, rigenerante della Parola.
Il Papa conclude

Disponiamo dunque il nostro cuore ad essere “terreno buono” per ascoltare, accogliere e vivere la Parola e portare così frutto. Quanto più sapremo unirci a Gesù con la preghiera, la Sacra Scrittura, l’Eucaristia, i Sacramenti celebrati e vissuti nella Chiesa, con la fraternità vissuta, tanto più crescerà in noi la gioia di collaborare con Dio al servizio del Regno di misericordia e di verità, di giustizia e di pace.

Allora potremo diventare come quel messaggero di cui Isaia dice

“Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace,del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza,che dice a Sion: “Regna il tuo Dio”.” (Is 52,7)

Coraggio!

Oggi ricorre il trentesimo anniversario dell’uccisione di Pippo Fava, un uomo ricordato per il suo coraggio nel cercare e raccontare la verità.
Un uomo ricordato per il suo coraggio. Comunemente si definisce coraggio quella virtù grazie alla quale si affrontano con serenità rischi, sofferenze, pericoli, incertezze e intimidazioni. La capacità di rimanere saldamente al timone della propria vita anche durante le tempeste, primo passo di ogni viaggio che non sia mero girovagare, il primo passo che il cieco deve compiere per rispondere alla chiamata di Gesù.

La parola coraggio può essere ricondotta al latino cor habeo, avere cuore. La virtù del coraggio rimanda quindi al proprio cuore, il proprio sé più nascosto, spesso sepolto, ignorato, confuso, la radice più profonda dell’essere, quel santuario del silenzio dove è possibile udire la voce di Dio. Il coraggio non è quindi follia, temerarietà, incoscienza, quanto piuttosto forza interiore che nasce nell’uomo consapevole del proprio cuore, nell’uomo che vive in dialogo con il proprio sé più profondo, e del quale ascolta la voce. Senza ascolto del proprio cuore non ci può essere coraggio. Un vecchio adagio recita

“al cuor non si comanda”

ed è vero, non nel senso comune secondo cui emozioni e passioni non possono che essere assecondate, ma nel senso che il cuore è il centro della vita, è il luogo in cui è impresso il nostro vero volto, il luogo in cui attingere la linfa vitale, le risposte che ci guidano, l’energia che ci rende autenticamente uomini. Il cuore si può soffocare, possiamo ignorarne le istanze, ma senza cuore precluderemo a noi stessi ogni possibilità di felicità. Se vogliamo essere felici dobbiamo sintonizzarci sul canale del cuore, aprire le orecchie per ascoltare, dobbiamo lasciarci guidare dal cuore, dobbiamo obbedire al cuore. Ecco il segreto per una vita felice! Al cuor non si comanda perché al cuore si obbedisce.

Avere coraggio significa quindi prendere coscienza del proprio cuore e farne il centro della propria vita, la bussola, il criterio di valutazione di ogni scelta, poiché è nel cuore che soffia lo Spirito di Verità, la Verità che ci fa liberi, autenticamente uomini.
Il credente ha una marcia in più, perché è nel cuore che può incontrare il Cristo e con il salmista dire

1 Chi abita al riparo dell’Altissimo
passerà la notte all’ombra dell’Onnipotente.
2 Io dico al Signore: “Mio rifugio e mia fortezza,
mio Dio in cui confido” (Sal 91)

ed anche

4 Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza. (Sal 23,4)

e con l’Apostolo

31 Che diremo dunque di queste cose? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? (Rm 8,31)

Chi nel proprio cuore accoglie Gesù risorto dunque non teme la paura, pone la sua vita in Dio, e anzi apre la propria vita all’impossibile:

“Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso :”sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe:” (Lc 17,6)

Nel nostro mondo di oggi, che assomiglia a una babele di luci e suoni, che irretisce i sensi, intorpidisce le menti, anestetizza i cuori, c’è tanto bisogno di coraggio per cercare la verità nelle nostre vite, nelle relazioni con gli altri, nella politica e nell’economia. Coraggio fratelli e sorelle, rianimiamo i nostri cuori, sfoderiamo le armi della fede per lottare per un mondo migliore, più autenticamente vero e umano.

L’inizio


Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
Esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!
Tant’è amara che poco è più morte;
ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai,
dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte.

Non conosco inizio più solenne, famoso e usurato, ma non sono riuscito a trovarne uno più calzante e attuale di questo.
L’essere nel mezzo del cammino della vita è una speranza dal punto di vista anagrafico (significherebbe vivere fino a 82 anni), ma la vedo più come condizione esistenziale, sia personale che collettiva, soprattutto se letta insieme alla paura e allo smarrimento di trovarsi in una selva oscura. È una metafora perfetta della crisi che stiamo vivendo !
Crisi non solo economico finanziaria ma anche morale, spirituale, sociale. Eppure se questo tempo, come del resto ogni tempo, non diviene nostro passa senza portare frutto. Dobbiamo fare “nostra” la crisi per cogliere in essa i segni dei tempi, per fare un bilancio del passato e orientare il presente verso un futuro migliore. Lo stesso Dante parla

del ben ch’i’ vi trovai

Matteo nel raccontare una parabola di Gesù scrive

“Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponételo nel mio granaio” (Mt 13,30)

È nella crisi che dobbiamo trovare le opportunità di crescita e di cambiamento positivo delle nostre vite, ma credo occorra il coraggio di abbandonare le proprie certezze, grandi o piccole che siano, di mettersi in discussione e di farlo con tutte le strutture che fino ad oggi abbiamo costruito!

“Coraggio, alzati, ti chiama! Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.”(Mc 10,49-50)

Coraggio, abbandono, disponibilità, sono le virtù necessarie per riacquistare la vista nella nebbia della crisi a tutti i livelli, da quello personale a quello comunitario.

È visto che il primo articolo del mio blog nasce il primo giorno di questo nuovo anno (oltre ad iniziare il viaggio affidandolo alla materna protezione di Maria, Madonna degli Scout avrei detto in altri tempi) vorrei trasformarlo in un augurio per me e per tutti: che questo nuovo anno segni un nuovo inizio per le nostre vite e le nostre società, un inizio fondato sul coraggio, l’abbandono e la disponibilità a farsi discepoli.

La pace sia con voi!
Auguri e buona strada!