Coraggio!

Oggi ricorre il trentesimo anniversario dell’uccisione di Pippo Fava, un uomo ricordato per il suo coraggio nel cercare e raccontare la verità.
Un uomo ricordato per il suo coraggio. Comunemente si definisce coraggio quella virtù grazie alla quale si affrontano con serenità rischi, sofferenze, pericoli, incertezze e intimidazioni. La capacità di rimanere saldamente al timone della propria vita anche durante le tempeste, primo passo di ogni viaggio che non sia mero girovagare, il primo passo che il cieco deve compiere per rispondere alla chiamata di Gesù.

La parola coraggio può essere ricondotta al latino cor habeo, avere cuore. La virtù del coraggio rimanda quindi al proprio cuore, il proprio sé più nascosto, spesso sepolto, ignorato, confuso, la radice più profonda dell’essere, quel santuario del silenzio dove è possibile udire la voce di Dio. Il coraggio non è quindi follia, temerarietà, incoscienza, quanto piuttosto forza interiore che nasce nell’uomo consapevole del proprio cuore, nell’uomo che vive in dialogo con il proprio sé più profondo, e del quale ascolta la voce. Senza ascolto del proprio cuore non ci può essere coraggio. Un vecchio adagio recita

“al cuor non si comanda”

ed è vero, non nel senso comune secondo cui emozioni e passioni non possono che essere assecondate, ma nel senso che il cuore è il centro della vita, è il luogo in cui è impresso il nostro vero volto, il luogo in cui attingere la linfa vitale, le risposte che ci guidano, l’energia che ci rende autenticamente uomini. Il cuore si può soffocare, possiamo ignorarne le istanze, ma senza cuore precluderemo a noi stessi ogni possibilità di felicità. Se vogliamo essere felici dobbiamo sintonizzarci sul canale del cuore, aprire le orecchie per ascoltare, dobbiamo lasciarci guidare dal cuore, dobbiamo obbedire al cuore. Ecco il segreto per una vita felice! Al cuor non si comanda perché al cuore si obbedisce.

Avere coraggio significa quindi prendere coscienza del proprio cuore e farne il centro della propria vita, la bussola, il criterio di valutazione di ogni scelta, poiché è nel cuore che soffia lo Spirito di Verità, la Verità che ci fa liberi, autenticamente uomini.
Il credente ha una marcia in più, perché è nel cuore che può incontrare il Cristo e con il salmista dire

1 Chi abita al riparo dell’Altissimo
passerà la notte all’ombra dell’Onnipotente.
2 Io dico al Signore: “Mio rifugio e mia fortezza,
mio Dio in cui confido” (Sal 91)

ed anche

4 Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza. (Sal 23,4)

e con l’Apostolo

31 Che diremo dunque di queste cose? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? (Rm 8,31)

Chi nel proprio cuore accoglie Gesù risorto dunque non teme la paura, pone la sua vita in Dio, e anzi apre la propria vita all’impossibile:

“Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso :”sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe:” (Lc 17,6)

Nel nostro mondo di oggi, che assomiglia a una babele di luci e suoni, che irretisce i sensi, intorpidisce le menti, anestetizza i cuori, c’è tanto bisogno di coraggio per cercare la verità nelle nostre vite, nelle relazioni con gli altri, nella politica e nell’economia. Coraggio fratelli e sorelle, rianimiamo i nostri cuori, sfoderiamo le armi della fede per lottare per un mondo migliore, più autenticamente vero e umano.

L’inizio


Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
Esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!
Tant’è amara che poco è più morte;
ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai,
dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte.

Non conosco inizio più solenne, famoso e usurato, ma non sono riuscito a trovarne uno più calzante e attuale di questo.
L’essere nel mezzo del cammino della vita è una speranza dal punto di vista anagrafico (significherebbe vivere fino a 82 anni), ma la vedo più come condizione esistenziale, sia personale che collettiva, soprattutto se letta insieme alla paura e allo smarrimento di trovarsi in una selva oscura. È una metafora perfetta della crisi che stiamo vivendo !
Crisi non solo economico finanziaria ma anche morale, spirituale, sociale. Eppure se questo tempo, come del resto ogni tempo, non diviene nostro passa senza portare frutto. Dobbiamo fare “nostra” la crisi per cogliere in essa i segni dei tempi, per fare un bilancio del passato e orientare il presente verso un futuro migliore. Lo stesso Dante parla

del ben ch’i’ vi trovai

Matteo nel raccontare una parabola di Gesù scrive

“Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponételo nel mio granaio” (Mt 13,30)

È nella crisi che dobbiamo trovare le opportunità di crescita e di cambiamento positivo delle nostre vite, ma credo occorra il coraggio di abbandonare le proprie certezze, grandi o piccole che siano, di mettersi in discussione e di farlo con tutte le strutture che fino ad oggi abbiamo costruito!

“Coraggio, alzati, ti chiama! Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.”(Mc 10,49-50)

Coraggio, abbandono, disponibilità, sono le virtù necessarie per riacquistare la vista nella nebbia della crisi a tutti i livelli, da quello personale a quello comunitario.

È visto che il primo articolo del mio blog nasce il primo giorno di questo nuovo anno (oltre ad iniziare il viaggio affidandolo alla materna protezione di Maria, Madonna degli Scout avrei detto in altri tempi) vorrei trasformarlo in un augurio per me e per tutti: che questo nuovo anno segni un nuovo inizio per le nostre vite e le nostre società, un inizio fondato sul coraggio, l’abbandono e la disponibilità a farsi discepoli.

La pace sia con voi!
Auguri e buona strada!